FEDERICO STRAGÀ E IL RITORNO CON “GUARDARE FUORI” – INTERVISTA

di Tiziana Pavone

E’ un grande ritorno quello di Federico Stragà, il cantante bellunese de L’Astronauta, e di altri successi partiti dal Festival di Sanremo nel ‘97, sotto la direzione vigile di Mara Maionchi, all’epoca ancora lontana dai riflettori. E’ uscito ieri in tutti i negozi e digital store il disco Guardare Fuori, con etichetta Alman Music. “E’ l’album numero 3 e mezzo”, come lo definisce lo stesso autore. In precedenza infatti, il suo discografico aveva pubblicato una raccolta, un album misto di brani inediti e non. Da qui, il “mezzo album” a cui allude puntualizzando, Stragà. Il disco è anche fisico, per la gioia di chi come lui, è cresciuto a cavallo tra il vinile e l’era digitale.

Dall’ultima partecipazione al Festival di Sanremo nel 2003, il lungo percorso di maturazione ha portato questo artista a confrontarsi con sé stesso e con la scrittura. Si è tolto ogni passione interpretativa, prima. Sfornando anche un disco dedicato a Sinatra, che lo ha portato a lungo in tour nel 2008, come interprete swing. Oggi Stragà è a tutti gli effetti un cantautore patentato. Questa volta siamo davanti a dieci tracce inedite, scritte di suo pugno in veste di cantautore. Il lavoro arriva dopo un lungo periodo di riflessione, e la nascita di una figlia ormai quattordicenne, alla quale si è dedicato a tempo pieno trasferendosi a Bologna. il primo singolo è uscito il 27 aprile. Si intitola Ho Esaurito la Paura.

Un giorno fa è uscito il video girato fra L’Aquila e Rocca Calascio (stesso set de il Nome della Rosa, film tratto dal famoso romanzo di Umberto Eco). L’Aquila: una città andata distrutta dal terremoto e ora in ricostruzione. Lo scenario del video non è casuale. Il messaggio è chiaro: dalle macerie si rinasce. La storia ispiratrice è vera. Il viaggio è introspettivo, e sfocia nel coraggio raggiunto dopo aver vissuto il peggio. Come racconta Stragà: “La canzone è ispirata ad un libro per ragazzi, Non Chiamatemi Ismaele, di M. Bauer, che narra di un bambino che aveva coraggio di affrontare tutti, compreso i bulli della scuola, perché anni prima, avendo provato così tanto terrore nel rischio di morire, aveva scoperto di avere esaurito la paura: lui non aveva più paura di niente! Mi piaceva questo concetto: dopo aver superato quel passaggio, tra vita e morte, il bambino era in grado di affrontare qualsiasi cosa senza paura. Nel disco ci ho messo dentro poi, alcune mie paure. La paura dell’altitudine, la paura del palco…

La paura dell’altitudine ci sembra ben superata, a guardare il video. Ma è sulla seconda paura, che cade l’occhio.

Paura del palco?

Si. Anche se conosco i testi che canto, avevo paura di dimenticarli e così me li portavo sempre, pur non avendo bisogno di leggerli. Adesso posso stare sopra un palco senza i testi davanti perché Ho Esaurito la Paura

L’Aquila è stata lo scenario del tuo video uscito ieri. Perché?

Ho pensato di girarlo a L’Aquila perché ho pensato che una delle più grandi paure è quella del terremoto. Chi vive quella esperienza è una delle persone più titolate a dire: ho avuto la mia dose di paura, ho esaurito la paura! L’idea era quella di fare un video non basato su di una storia vera e propria, ma per legare le immagini delle macerie al concetto di paura. Coerente col tema della canzone e girato con l’intento di fare qualcosa per ricordare queste situazioni distruttive, di cui si parla molto non appena succedono. Ma poi sempre meno. Mentre nella realtà non narrata dai media, i terremotati vivono disagi per molti anni, e restano dimenticati. Abbiamo girato nella zona rossa, dove ci sono ancora delle macerie. Però abbiamo fatto vedere le macerie e la rinascita. La parte in costruzione è la città che rinasce. Questo progetto sostiene anche Ai.Bi, un’associazione per bambini, col progetto Un Paese Ci Vuole, che prevede la ricostruzione di una scuola a Montereale.

Come definisci il tuo disco?

E’ il mio primo disco da autore a 360 gradi. Ho scritto tutte le canzoni. Quando io e te ci siamo conosciuti io cantavo La Notte di San Lorenzo alle selezioni per Sanremo. La canzone non era mia: io la interpretavo. L’autore era Claudio Sanfilippo. Quando scendevo dal palco mi facevano complimenti come se l’avessi scritta io. Forse percepivano che nella mia vena artistica c’era dentro l’ascolto di molti cantautori. Non sono mai stato vissuto come un interprete, mentre spesso lo sono stato. Questo è il mio primo album da cantautore. Qui lo posso dire che è tutta roba mia. 

L’ultima traccia è un singolo già pubblicato: Che Cos’è l’Arte. Come sviluppi il momento creativo?

Non cerco il momento ispiratore. Capita e basta. E’ un momento vero, intimo, tutto mio. Fatto di pensieri quotidiani e di sentimento. Per scrivere una canzone devo parlare di me: mi sono reso conto di questo. Ho messo a fuoco cose di cui non parlo mai. Cose che magari non pensavi nemmeno di dover raccontare. Il comune denominatore sono le mie sensazioni vere. La cosa che mi inorgoglisce di questo disco è il fatto che, piaccia o no, sono canzoni vere, sincere. Senza astuzie dettate da calcoli discografici. Tutto genuino. Gli arrangiamenti anche. Ho potuto fare un disco seguendo il mio gusto. Certi argomenti poi, li tratto col mio modo di sentire. La scrittura mi nasce spontanea da un giro di chitarra, da una frase automatica, che esce fuori spontanea. Quella mi indirizza verso il tema della canzone. Niente di studiato a tavolino. Anche se per finire la canzone ci vogliono mesi: se cerchi una rima, magari poi ti ci metti, a tavolino. Ma non è certo quello il motore iniziale. Le cose di cui vado più fiero sono quelle che non sono nate dal frutto di un ragionamento a monte. 

“Ho esaurito la Paura” e “Guardare fuori”: c’è un nesso tra queste due canzoni?

Sono argomenti concatenati. Guardare Fuori dà il titolo al disco. E’ una canzone esistenziale. Come dice il titolo, c’è l’importanza basilare di guardarsi intorno. Nel mio caso serve anche per scrivere canzoni. Ma soprattutto per stare bene. Se ci guardiamo intorno e abbiamo interesse per le vite degli altri, stiamo meglio che non restando soli, con la nostra interiorità. Sono tornato a pensarla come facevo da bambino: il mondo è là fuori! Ci sono anche due canzoni che guardano più all’interiorità. E’ inevitabile. Si tratta di interiorità con cui fai i conti quotidianamente, in Un Giorno Magico. Indeciso, è uno sguardo sui vari tentativi di vincere i momenti bui o i momenti di indecisione rispetto alle cose. 

C’è posto per l’amore?

Si, c’è qualche canzone d’amore. Una si intitola Preferisco, con un testo ironico e molti doppi sensi. L’altra, ha una atmosfera lunare. Si intitola I Primi di Marzo, e guarda l’amore da un punto di vista un po’ inedito, che comprende la dimensione della disperazione. Non ho trattato l’amore in senso classico, diciamo.

Parliamo del tuo staff di lavoro, degli arrangiamenti.

Nel disco c’è una minima parte di intervento tecnologico. Ho voluto che i pezzi fossero tutti suonati con strumenti veri: quindi c’è sempre la batteria, la chitarra, il basso. Ho ospitato amici per fare assoli di sax, armonica e violino. Ci tenevo a dare importanza alla musica anche suonata e forse per una forma di nostalgia che ho rispetto alla musica di un po’ di tempo fa. Quando i riff le intro contraddistinguevano molto le canzoni. Nel senso che te la facevano riconoscere fin dalle prime note. Adesso sembra che queste cose siano cadute in disuso. Mi piace dare importanza ai musicisti. 

Con loro ti muoverai in tour, anche dopo la prima al Bravo Cafè di Bologna?

Si. A Bologna ho appena presentato il disco con un live che ha una formazione precisa. La nuova band è capitanata da Valerio Carboni: l’arrangiatore del disco.

Bologna e Carboni, viene in mente una parentela con Luca…

Lui non è parente di Luca Carboni, anche se è uno degli autori del nuovo pezzo di Carboni. E’ un ottimo autore musicista, sotto contratto con la Warner. E’ coproduttore del progetto e suona le tastiere. Poi c’è Daniele Morelli alle chitarre. Giambattista Giorgi al basso, e Alberto Paderni, il batterista attualmente in tour con Morandi.

Il 26 maggio Federico Stragà sarà ospite al Fico di Bologna, nello spazio Fonoprintdi Leo Cavalli, dove Pierfrancesco Pagoda presenterà il video legato allo show case. Il live non potrà che essere coinvolgente. Almeno quanto il disco: davvero fruibile, energico, fresco; a tratti riflessivo, pur mantenendo sempre connotati radiofonici. Da ascoltare tutto d’un fiato. Si sente, che l’amore per la musica scorre nelle vene. Con l’orecchio attento alle vibrazioni degli arrangiamenti, che trasportano in un limbo variopinto coinvolgente. Un pieno di singoli, riconducibili al migliore pop nostrano. Segno che questo artista raffinato non si è risparmiato. La strada è matura, risale le correnti superando le indecisioni della vita. I messaggi si fanno importanti, nascono da interrogativi profondi. E grazie a un linguaggio diretto, arrivano immediati, giocosi o poetici. La voglia di essere utili a quella società che soffre ed è la parte reale del Paese, ci fa sentire in pace con noi stessi. E poi c’è la magnifica dote vocale. Motivo che ha fatto vincere all’artista il premio Leggio D’Oro. Il timbro è quello incantevole di sempre. La sua è una voce che incide. E da incidere tante altre volte ancora. Bentornato, Federico Stragà.