I DRONI SONO IN GRADO DI MONITORARE L’URAGANO CHE HA COLPITO IL PONENTE.
Droni ne abbiamo? Lui si tuffa nella tempesta e trasmette i dati necessari per interpretare il fenomeno. Dal 2015 in USA.
di Tiziana Pavone
Catturano il respiro delle balene, osservano e raccolgono dati sulle orche, vanno a caccia dello smog, esplorano i fondali marini, monitorano le zone interessate da incidenti nucleari, come è avvenuto a Fukushima.
I droni, veicoli senza pilota umano a bordo, sono diventati gli alleati indispensabili per l’uomo nella ricerca ambientale e meteorologica. E ora il NOAA, (National Atmospheric and Oceanic Administration) sta sperimentando il loro utilizzo per andare a caccia di uragani. Il fine è quello di monitorarne il percorso e seguire l’evoluzione della perturbazione. Così da migliorare la comprensione del fenomeno e la raccolta dei dati in aree non sicure per volo umano.
Il drone che si getta nel cuore degli uragani si chiama Coyote, un veicolo piccolo e all’apparenza fragile. Fu lanciato per la prima volta il 7 gennaio 2016 dall’aereo Hurricane Hunter, per testare tutta una serie di accorgimenti tecnologici adottati per migliorare il suo “ruolino di servizio”. Coyote era in grado di operare a una distanza di non più di 7 miglia dall’ aereo madre che lo aveva lanciato, mentre ora può volare fino a 50 miglia di distanza, arrivando così sempre più vicino al centro dell’uragano.
Il NOAA ha investito in aerei senza pilota da qualche anno per rendere più accurate le osservazioni meteorologiche e le previsioni degli uragani. Fenomeni questi, che stanno diventando sempre più frequenti. Non più solo in certe zone come gli Stati Uniti. Come abbiamo capito da qualche anno, ormai sono presenti anche da noi.
Il drone, grazie al fatto che riesce a “entrare” nell’ uragano e volare in zone impossibile da raggiungere con aerei tradizionali, riesce a raccogliere una quantità enorme di dati che servono anche ad organizzare meglio le operazioni di emergenza a terra. Il team del progetto Coyote sta lavorando anche per allungare la vita della batteria che alimenta il drone per consentirgli così di allungare la durata del volo senza pilota.
All’ Hurricane Center del NOOA, i tecnici sono interessati ad ottenere le misurazioni dei venti forti che si sviluppano vicino al centro della tempesta. Coyote “aiuta a disegnare un quadro più preciso dell’intensità dell’uragano” e fare così previsioni più accurate. Nel settembre del 2014 quattro Coyote, prima versione, insieme ai droni della Nasa, Global Hawk, entrarono dentro l’uragano Edouard dimostrando l’utilità della loro opera. Oggi il nuovo Coyote tecnologicamente avanzato è l’unico velivolo senza pilota che può volare nel centro dell’uragano a bassissima quota, dove i venti sono più tumultosi, e restarvi per un periodo sempre più lungo.
Non pretendiamo di avere il modello più evoluto. Ma almeno nel soccorso dopo l’uragano, il drone sarà un mezzo messo a disposizione dei soccorritori della nostra zona? Una zona, che tra mare e monti, lo vogliamo sottolineare, non ha pianura. Per questo è diventata famosa nella cronaca delle catastrofi insieme a tutta la Liguria.