DA SANREMO A MILANO, I LIBRI DEL CLUB TENCO DIVENTANO SPETTACOLI

di Tiziana Pavone

Ieri a Milano, è andato in scena lo spettacolo tratto da uno dei tre libri appena usciti per la nuova collana “I Libri del Club Tenco”, inaugurata a Sanremo durante il Premio Tenco appena conclusosi. 

Il libro, scritto a tre mani da Sergio Secondiano Sacchi, direttore artistico del Club Tenco, Sergio Staino, noto vignettista per testate nazionali e lo storico Steven Forti, socio del club da 5 anni e professore di Storia Contemporanea all’Università Autonoma di Barcellona, si chiama “Vent’anni di Sessantotto”, per Squilibri Editore.

Con Steven ci siamo incontrati per una intervista appena prima dello spettacolo, qui riassunta.

A conclusione del Premio Tenco di Sanremo, che sabato scorso ha consegnato le Targhe in un teatro gremito di estimatori e riscaldato da applausi scroscianti, l’invito è di continuare a leggere. Ma non solo. Il Tenco da due anni, forte della propria storia, è promotore di nuove iniziative su larga scala, innestandosi sul territorio italiano e non solo, per diffondere la canzone d’autore intesa come arte, come storia, come letteratura, sia in scena che nelle scuole. A conferma di questo, il Club sanremese ha stretto accordi di partenariato con il Festival Letteratura di Mantova, con il Premio Strega e con altre realtà, dopo che il Nobel a Dylan ha nobilitato la canzone.

Non più solo diffusione di dischi e libri in loco a margine dello spettacolo clou dell’anno. Ma anche tour a tema, mirati. Come è già il Tenco Ascolta, che cerca cantautori lungo lo stivale. O gli incontri in Spagna, un progetto pilota per far conoscere all’estero i cantautori.

La novità assoluta di quest’anno è l’elaborazione di uno spettacolo portato in teatro, partito da uno dei tre libri presentati nella collana “I Libri del Club Tenco” di Squilibri Editore. “Vent’anni di Sessantotto” ha due CD allegati con quarantacinque canzoni. Proprio dai suoi cd, nasce lo spettacolo “Il lungo Sessantotto” l’anteprima nazionale della quale si è svolta ieri sera al Palazzo Liberty Dario Fo Franca Rame di Milano. Le canzoni sono strettamente legate al libro. Di cosa si parla?

Siamo entrati nel merito dei contenuti intercettando uno dei tre autori, lo storico Steven Forti.

Il libro – ci spiega Steven – non è una riproposizione come tante uscite quest’anno in occasione del cinquantesimo del ‘68. Ma è una visione particolare che ha molto a che fare con la canzone, la musica. Non si tratta delle canzoni del ‘68, nel senso di quella musica che si ascoltava, che suonava nelle radio o nei giradischi del ‘68, ma è un libro che relaziona la storia con la musica e con la canzone. Il libro è stato scritto a sei mani da Sergio Secondiano Sacchi, Sergio Staino e da me. In pratica, tre generazioni che hanno vissuto il ‘68 in modo diverso. Sergio Staino ovviamente ha dedicato una striscia e una serie di vignette che accompagnano tutto il libro. Io ho scritto una postfazione che è un’analisi storica, una contestualizzazione storica di quello che è stato il lungo ‘68. Da qui anche il titolo Vent’anni di Sessantotto, ossia un anno che è durato due decenni: parliamo di due decenni di cambiamenti politici, sociali, culturali, che sono praticamente gli anni ‘60 e gli anni ‘70. 

La parte più corposa è stata scritta da Sergio Secondiano Sacchi, che affronta 45 momenti dell’anno 1968, tra gennaio e dicembre, che vanno ben aldilà di quel solo anno. Ad ogni avvenimento è associata una canzone. in alcuni casi si tratta di canzoni nella loro versione originale; nella maggior parte dei casi, si tratta delle canzoni originali interpretate da artisti contemporanei, spesso anche, ma non sempre, tradotte in lingua italiana. Quindi nei CD si troveranno canzoni italiane in italiano, canzoni straniere nella loro lingua, o canzoni straniere tradotte, a volte per la prima volta, in italiano. Gli artisti sono sia italiani, sia stranieri. Le canzoni e gli avvenimenti di cui si parla sono ovviamente internazionali. L’Italia è rappresentata da tre di questi 45 momenti. Più di 40 canzoni riguardano altri Paesi. Quando si pensa al ‘68 si pensa a un percorso che tocca Francia, Stati Uniti, Germania, Messico ma anche Cina, Giappone, Brasile, Perù, Bulgaria, Cecoslovacchia… Praga ‘68. Ci sono 28 situazioni diverse del ‘68 in tutto il mondo.

l fulcro del progetto illustra quindi come il ‘68 non riguardi solo un anno ma un periodo lungo due decenni; come il ‘‘68 sia stato interpretato dalla canzone, ossia, come gli avvenimenti del ‘68 siano stati poi raccontati, anche più tardi, dalle canzoni, dalla musica. E come questo avvenimento è un avvenimento globale, un fenomeno un momento storico globale, con diverse sfaccettature.

Credit Foto: Tiziana Pavone

Qual è il comune denominatore del ‘68 in tutto il mondo?

Il comune denominatore più importante io direi che è quello del cambio generazionale. Una nuova generazione fa il suo ingresso nella storia negli anni 60. Una generazione che è figlia del secondo dopoguerra; che quindi non ha vissuto la guerra, non ha vissuto la crisi interbellica, non ha vissuto i fascismi. Una generazione che è cresciuta in Paesi in alcuni casi democratici, alcuni occidentali. In altri, autoritari o dittatoriali. Pensiamo alla Spagna il Portogallo e la Grecia che lottava per dei cambiamenti che sicuramente avevano una forte passione politica e che, dall’altro lato, hanno scombussolato il mondo in positivo, spesso ma, anche non volendolo, in alcuni casi anche creando delle difficoltà ai sistemi politici in cui si trovavano. Ora sicuramente si è aperta una nuova fase che ha portato a delle vittorie importanti soprattutto nel campo dei diritti civili, in generale a favore della democrazia. Pensiamo che a metà anni ‘70 le ultime dittature europee nel campo occidentale, ossia Spagna Grecia e Portogallo, finiscono con delle rivoluzioni, delle transizioni pacifiche verso la democrazia. Non scordiamoci poi anche la parte orientale dell’Europa, spesso la grande dimenticata dall’altro lato della cortina di ferro: non solo Praga. Che è un momento fondamentale perché, come alcuni storici come Tony Giuda hanno detto, in realtà il comunismo come socialismo reale non muore nell’89 con la caduta del muro di Berlino, ma muore già con l’ingresso di carro armati sovietici a Praga nell’agosto del ‘68… Allora sicuramente la questione generazionale è una questione chiave del ‘68. in tutto il mondo poi ci sono delle differenze, dei diversi contesti. Perché non è lo stesso ciò che succede nella Spagna franchista a Barcellona o a Madrid nel ‘68, anche poi a gennaio del ‘69 e di quello che succede negli Stati Uniti di Kennedy nei primi anni ‘60 e di Nixon poi a fine ‘68, o di quello che succede nell’Italia del centro-sinistra sempre in quei mesi, in quegli anni.

Il libro serve a conoscere molti aspetti internazionali che i giovani di oggi ignorano. Lo spettacolo si avvicina al pubblico del nuovo millennio, più distaccato e attento, tanto bisognoso di recuperare verità e condivisione attraverso diverse forme di arte e senza i paraocchi ideologici e divisivi del passato. Si tratta di recuperare una bella parte della storia non solo culturale, una storia conflittuale che in modi diversi è appartenuta a tutti noi, ma che è arrivata filtrata ed è stata oggetto di tabù o di strumentalizzazione politica. Ragione per la quale ancora oggi a livello di cultura di massa si hanno conoscenze parziali di un ventennio disuguale e privo di collanti internazionali. Ma al contrario che in passato, quel bisogno di fare analisi logica senza veli nostalgici di quanto accaduto nel mondo a partire dalle contestazioni studentesche di Berkeley fino alla caduta del muro di Berlino, oggi è possibile. Insieme a chi ha vissuto ed è stato un po’ testimone e un po’ prigioniero della propria epoca. E insieme ai giovani, che guardano con occhi molto diversi il futuro, poco aiutati dalle generazioni che li hanno preceduti, che adesso sono vissute nell’immaginario collettivo spesso come inutili paladini ribelli della libertà o violenti estremisti.

Questo libro, come ci ha detto Steven Forti, ha gli occhi di tre generazioni. Tre generazioni, che hanno bisogno di parlarsi. Ed è uno dei motivi per il quale questo libro di quasi 500 pagine tra testi e disegni, con allegati due cd di musica a fare da colonna sonora temporale alla narrazione di ventotto Paesi, merita di essere letto e ascoltato.