ALBENGA PROTAGONISTA QUESTA SERA SU RAI STORIA TRA I VIAGGI DELLE BELLEZZE ITALIANE
ITALIA, VIAGGIO NELLA BELLEZZA. Nel doc si parla di patrimonio sommerso: un museo sul fondo del mare. Questa sera, lunedì 4 gennaio 2021, alle 21:10 su Rai Storia
di Tiziana Pavone
La puntata sarà un viaggio alla scoperta del patrimonio sommerso nei nostri mari. Un vero e proprio museo liquido, pieno di tesori dell’archeologia subacquea, uno dei quali riguarda la storia della nave di Albenga, la più grande nave oneraria romana rinvenuta nel Mediterraneo.
Il documentario, molto interessante, volge lo sguardo verso quegli abissi sempre più profondi nei quali oggi arrivano i moderni robot utilizzati dalla ricerca archeologica. Il patrimonio culturale che giace nei nostri è un patrimonio dell’Umanità.
Un patrimonio prezioso e fragile. Ce lo ha ricordato l’UNESCO, 20 anni fa, nella Convenzione del 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo. E l’Italia, al centro del Mediterraneo e con 8 mila chilometri di coste, è chiamata a giocare un ruolo da protagonista nella protezione e valorizzazione di questo patrimonio.
Per quanto riguarda la Liguria, si parla di due mari: uno nel nostro Ponente e uno a Levante.
LA NAVE DI ALBENGA
Per vederla si scende a 40 metri di profondità. E’ il famoso relitto di Albenga, la più grande nave oneraria romana mai rinvenuta nel Mediterraneo. È la nave con cui è nata, all’inizio degli anni ’50, l’archeologia subacquea italiana grazie all’instancabile lavoro di Nino Lamboglia.
Grazie alla preziosa testimonianza del presidente dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, Cosimo Costa, che nel febbraio del 1950 era a bordo del leggendario piroscafo Artiglio, rivivremo l’epopea della prima campagna di recupero delle anfore vinarie della nave di Albenga. E capiremo come, riflettendo sugli errori commessi in quella prima pioneristica esperienza, Nino Lamboglia elaborò le metodologie che sono tutt’ora alla base dell’archeologia subacquea. Eredi della sua lezione, sono oggi gli archeologi del Servizio Tecnico di Archeologia Subacquea della Soprintendenza della Liguria che proseguono le ricerche sul relitto di Albenga, coadiuvati dai carabinieri e dalla guardia costiera.
IL NAUFRAGIO DELLA SANTO SPIRITO
Sempre in Liguria, ci sarà un altro filmato dedicato all’area del promontorio di Portofino, per vedere a 50 metri di profondità ciò che resta di un relitto moderno, di epoca rinascimentale, appena scoperto. Una nave imponente, affondata nelle vicinanze di Camogli. I resti individuati fanno pensare che si possa trattare della Santo Spirito, una delle navi più celebri che solcava il Mediterraneo nella seconda metà del ‘500, che affondò in quelle acque nel 1579, dopo essere partita dal porto di Genova mentre in città imperversava la peste. Una mistero affascinante da dipanare tra i documenti conservati nell’Archivio di Stato di Genova e i risultati che emergeranno dagli scavi effettuati sul relitto.
Tra gli interventi nel documentario, segnaliamo:
Simon Luca Trigona, archeologo subacqueo SAPAB Liguria– Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia, La Spezia e Savona «Abbiamo proprio scelto di indagare il relitto di Albenga, di riprendere questa ricerca sul relitto di Albenga un po’ perché è il relitto simbolo dell’archeologia subacquea in Italia e un po’ perché abbiamo aperto il relitto alle visite subacquee, portiamo dai 500 ai 600 subacquei sul relitto e negli anni siamo riusciti proprio grazie a questa continuità a riprendere gli studi. Chi la visita non si rende conto la complessità di un’operazione di scavo, 40 m non è proprio una profondità molto accessibile, prevede un massimo di tempi di fondo di 30 minuti, è un continuo quindi ricambio di persone. Consideriamo che per fare 4 ore di lavoro di scavo abbiamo bisogno di un impegno di uomini e di mezzi non indifferente: 16 operatori, 16 bombole 16 decompressori, 16 di tutto…Ti trovi a scavare in un ambiente che è assolutamente estraneo all’ambiente normale in cui uno solitamente vive sulla terra ferma.»;
Cosimo Costa – Presidente dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri «Ci sono stato sulla nave Artiglio quando tiravano su queste anfore che presentavano dei colori vivacissimi, ma proprio sembravano portate via da una tavolozza di un pittore. Era una cosa veramente entusiasmante»;
Giulio Volpe – archeologo, Università degli Studi di Bari «Nino Lamboglia fu un archeologo vero, un archeologo di terra, che introdusse la stratigrafia, quindi non solo uno storico dell’arte come tanti suoi colleghi in quegli anni. Nino Lamboglia che pure ha dato il suo nome a un’anfora, la Lamboglia 2, un’anfora importante, da vero archeologo odiava quel feticismo dell’oggetto e insisteva sulla necessità della lettura stratigrafica, sulla forza del contesto»;
Renato Gianni Ridella – esperto di artiglieri navali
«Il mio primo incontro con la Santo spirito è avvenuto una quindicina di anni fa quando ho letto un capitolo di un libro che parlava dei naufragi avvenuti sulla costa ligure orientale. Si diceva che questa nave era una caracca spagnola e che era stata scacciata dal porto di Genova perché si sospettava che il suo equipaggio fosse contagiato dalla peste. Quindi la nave viene noleggiata il 15 settembre riesce a partire il 28 ottobre e il 28 ottobre fa poche miglia e non riesce a doppiare il promontorio di Portofino, viene colpita da un Fortunale che la porta a impattare contro la scogliera quindi le provoca l’affondamento. I contadini del luogo dove la nave andava a naufragare sfidarono il pericolo di essere contagiati dalla peste per salvare l’equipaggio, ovvero dalla costa lanciarono delle corde che permisero ai marinai della Santo spirito di salvarsi tutti quanti. E questo fu un atto veramente di grande altruismo perché in quel periodo la peste imperversava nella città.»